Nel 𝘊𝘢𝘯𝘵𝘪𝘤𝘰 𝘴𝘱𝘪𝘳𝘪𝘵𝘶𝘢𝘭𝘦 di san Giovanni della Croce, mistico spagnolo vissuto nel XVI secolo, dove l’anima interroga la vita («Ma come tu resisti o vita, non vivendo dove vivi»), si parla del dolore che la vita corporale porta con sé e di come, pur essendo essa privazione della vita vera, forte, gioiosa e spirituale di Dio, tuttavia perduri, nonostante le fragilità a cui è esposta.
Dal punto di vista del credente cristiano l’anima non ha la sua vita nel corpo, anzi, la comunica al corpo e vive in Dio.
Lo afferma anche Paolo di Tarso: «In Lui viviamo, ci muoviamo e esistiamo» (Atti degli apostoli 17, 28), vale a dire: in Dio abbiamo la nostra vita, il nostro moto e il nostro essere.
Nel Cantico, l’anima fa capire che soffre per la contraddizione esistente tra la vita naturale e quella spirituale: ma abbiamo visto che in questa contraddizione consiste la condizione umana, fatta di grandezza e miseria insieme.

Il monaco benedettino tedesco Anselm Grün ha affermato: «Io voglio vivere: voglio accettare e tollerare anche ciò che non soddisfa totalmente l’immagine idealizzata che mi sono fatto di me.
Voglio sviluppare ed esprimere al meglio la ricchezza di vita che Dio mi ha affidato. E poiché io voglio vivere, lascio anche vivere l’altro, rispetto la sua dignità, rinuncio a giudicarlo.
E se dovesse subire minacce alla sua vita, sono pronto a difenderlo, prendendo le parti del suo diritto alla vita».