questionario sullo Youth Work in Italia

II mio lavoro di ricerca per la prova finale si intitola “Youth Work e certificazione delle competenze. Riflessioni sul riconoscimento della professione nel contesto italiano”. Attraverso questo elaborato ho potuto analizzare la figura dello Youth Worker (o animatore socioeducativo) e lo stato dell’arte del settore nel nostro Paese, partendo da un più ampio inquadramento della professione e della sua importanza nell’ambito delle politiche giovanili e delle linee guida europee.

A fronte di un ampio riconoscimento a livello comunitario, ciò che emerge nel nostro contesto è sostanzialmente la mancanza di una definizione specifica dell’ambito professionale, ad oggi privo di cornici normative e di standard minimi di qualificazione a livello nazionale. L’obiettivo della ricerca è indagare quali prospettive di riconoscimento normativo siano possibili nel contesto italiano, prendendo a modello le “buone pratiche” europee, e quali eventualmente possano essere i margini di azione per una formazione più specifica che garantisca allo youth worker un maggior riconoscimento professionale.

Attraverso questa breve intervista mi piacerebbe raccogliere alcune riflessioni da parte di voi esperti in relazione a questo tema, al fine di ricostruire in maniera più esaustiva possibile lo scenario attuale e le prospettive future.

Sign in to Google to save your progress. Learn more
nome e cognome:
titolo / professione:
1. Da anni a livello europeo viene sottolineata l’importanza dello Youth Work nell’ambito dell’educazione non formale. Come collocherebbe l’Italia in questo scenario? Tenendo presente il focus della ricerca, qual è la sua opinione sullo stato dell’arte delle pratiche di animazione socioeducativa in Italia?
2. Parliamo nello specifico della figura dello youth worker. Ad oggi la professione non gode di nessuna regolamentazione a livello nazionale e non vi è alcun riconoscimento formale del ruolo nel nostro Paese. Quali sono le regioni di questa mancanza? Si tratta di un mancato riconoscimento solo formale o anche di sostanza?
3. Il percorso formativo previsto dal corso di laurea in Scienze dell’Educazione rappresenta il riferimento formale principale per lo svolgimento della professione. Ritiene che sia adeguato e sufficiente a formare gli operatori al ruolo di youth worker? Pensa che sia necessario integrare con l’acquisizione di conoscenze più mirate e settoriali?
4. Con la Legge Iori, il 21 dicembre 2017 viene formalmente riconosciuta e tutelata la professione di educatore: per poter ricoprire questo ruolo sarà necessario aver conseguito una laurea triennale. Pensa che questo possa avere conseguenze, positive o negative, sugli youth workers professionali? Ritiene che in futuro sarà un prerequisito essenziale per la professione?
Esiste tuttavia un parziale riconoscimento della figura dell’animatore socioeducativo a livello regionale: nell’ambito della certificazione delle competenze, ogni Regione è provvista del proprio quadro delle qualifiche e delle professioni che fissa alcuni requisiti minimi.

In 16 Regioni su 20 è presente la figura dell’animatore sociale o socioeducativo che, anche se non specificatamente in relazione al target giovanile, opera in generale per favorire integrazione ed inserimento sociale nell’ambito dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali.

Ciò che emerge dall’analisi dei dati evidenzia una situazione in cui a prevalere è il lavoro svolto nell’ambito della marginalità e dello svantaggio (principalmente con anziani e disabili), che lascia secondaria la dimensione legata all’educazione non formale, alla cultura, al tempo libero.
5. Ritiene che questa cornice definitoria regionale della figura dell’animatore socioeducativo sia adeguata?
6. Ritiene che i repertori regionali possano essere un buon punto di partenza per favorire il riconoscimento delle competenze, abilità e conoscenze relative alla figura dello youth worker?
7. In generale, la certificazione delle competenze può contribuire a dare maggior visibilità e riconoscimento alla professione?
Alla luce di quanto detto appare evidente che possano esistere diversi gradi di professionalità degli youth worker.

In altri Paesi, come l’Inghilterra, è possibile ricoprire il ruolo di youth worker professionale o di “youth work assistent”, che rispecchiano parallelamente il corrispettivo del nostrocorso di laurea in Scienze dell’Educazione e della qualifica attribuita sulla base di requisiti minimi di competenze (come quelli previsti dai repertori regionali).
8. Ritiene sia possibile che possano coesistere i due livelli di riconoscimento della professione? Trova questa divisione sensata?
9. In definitiva ritiene sia necessario agire per un riconoscimento degli youth worker a livello nazionale? Ci sono prospettive in questo senso?
10. Quali ulteriori azioni potrebbero essere messe in campo per accrescere la visibilità e l’importanza della professione?
Vista l’importanza del vostro contributo per il mio lavoro di tesi e la vostra esperienza nel settore, vorrei potermi avvalere delle vostre opinioni e poterle riportare nel mio elaborato. Acconsentite ad essere citati, direttamente o indirettamente, all’interno della mia ricerca?
Clear selection
Vi ringrazio per la collaborazione e per il tempo dedicatomi.
Amanda Mara Milan
Submit
Clear form
Never submit passwords through Google Forms.
This content is neither created nor endorsed by Google. Report Abuse - Terms of Service - Privacy Policy