E' INIZIATA LA STAGIONE DEL SINODO, SARA' LUNGA.
E' tempo di Sinodo. Che significa? Si potrebbe mettere l'accento sul fatto che papa Francesco dice alla Chiesa: "Fermati, le cose non vanno, fermiamoci tutti a riflettere insieme, partendo dall'incontro e dall'ascolto. La bellezza e la gioia del vangelo, sembrano soffocare ogni giorno di più sotto una coltre spessa di polvere e cenere. Che succede? Parliamone". E' questo il Sinodo: ascolto, analisi, riflessione, domande, condivisione. La Chiesa evidenzia da anni un calo di tensione, c'è poca energia in giro, non si riesce ad accendere tutte le lampadine. Ci si imbatte ogni giorno in quella banalità stanca e rassegnata, che il card. Ravasi ha definito "apateismo", ovvero un grigio miscuglio di apatia e ateismo pratico, non raramente presente anche in chi si dice credente o cristiano. Non si tratta solo di immaginare o avviare un rinnovamento, un'imbiancatura della struttura, no. Il tema del Sinodo è più profondo, più coraggioso, urgente e drammatico. Si potrebbe tradurre in questo pensiero, proiettato sul futuro remoto: le nipoti e i nipoti delle nostre figlie e dei nostri figli, le nipoti e i nipoti di chi oggi è ragazzo e ragazza, saranno cristiani? Vogliamo chiederci con coraggio se la Chiesa riesce oggi ad annunciare il vangelo, oppure se ormai è solo la stanca, rigida ripetizione di un copione, se è solo una tradizione che non consegna nulla di vitale, se è "casa" solo per chi è in guerra con il mondo presente, se chiude le porte invece di aprirle. Emergono immani dolori di fronte agli scandali che riguardano la Chiesa a tutti i livelli, ma anche il tessuto ordinario e feriale è segnato da distanza, indifferenza, rigidità, mancanza di entusiasmo. Diciamo così: sulla Chiesa sono evidenti crepe, muffe, sfaldature, crolli, dissesti. Qualche volta si avvertono anche preoccupanti schianti dall'interno, inquietanti suoni lontani, che fanno pensare a problemi di stabilità molto gravi, molto profondi. Spesso la Chiesa appare distante dalla realtà, dalla storia presente, dall'uomo e dalla donna della contemporaneità, non nel senso del distacco evangelico che trova la sua ragione nella speranza di un Dio che è amore. La distanza del cattolicesimo dalla realtà nel vissuto collettivo, è causata in sintesi da una pratica religiosa che radicalmente contraddice e quotidianamente distrugge e rinnega in molti suoi aspetti, gli orizzonti del vangelo, mirabilmente espressi da papa Francesco in Evangelii Gaudium. Ti scrivo per chiederti di contribuire ad un'analisi, ad un ascolto, ad una condivisione, tenendo presente non solo le ombre, ma anche le luci e l'umano entusiasmante, vissuto da donne e uomini che sentono un interesse tenace per la parola speranza e per l'umano gioioso e fraterno raccontato dai vangeli. E' interessante e importante conoscere il pensiero di tutte e tutti, con libertà.
DARSI DEL TEMPO PER PENSARE: UN MIRACOLO
(Tratto da: don Armando Matteo, Il Postmoderno spiegato ai cattolici e ai loro parroci, Ed. Messaggero Padova).
Ai cattolici di questa ora della storia spetta il compito di darsi una mossa e di tornare a pensare. E' un segreto di Pulcinella: i tentativi recenti di aggiornare e rivedere numerosissime pratiche pastorali, non hanno evitato il desolante scenario che si registra quotidianamente nelle comunità parrocchiali. Con la cresima i giovani vanno via, senza alzare la voce, senza sbattere alcuna porta, senza alcun minimo senso di colpa. Semplicemente, se ne vanno. Non solo. Per la Chiesa attuale il vero punto di imbarazzo è che a livello di sensibilità diffusa (e qui non parliamo solo dei giovani, ma anche dei loro genitori, dei loro insegnanti e dei loro futuri colleghi di lavoro) la fede cristiana è ormai qualcosa che va bene per i bambini e finch'è si rimane bambini. Tutt'al più si ammette ancora che la fede abbia qualcosa da dire ai grandi anziani, i quali pensano alla morte per inesorabili motivi biografici, dedicando qualche devota considerazione. In ogni caso la fede non è roba da giovani e neppure da adulti. Rispetto a questa situazione molti cattolici si sono semplicemente dati per sconfitti. Servirebbe un miracolo per invertire la tendenza di un cristianesimo o infantile o invecchiato. Dobbiamo rassegnarci? Diamoci del tempo per pensare, questo è forse il miracolo da chiedere e da fare. Oggi si vive diversamente l'avventura umana, diversamente rispetto a generazioni anche vicine tra loro: noi siamo da un'altra parte e forse non ce ne siamo ancora resi conto. Diamoci del tempo per pensare, insieme. Diamoci una mossa, perché detto tra noi, tra di noi cattolici, non sembra che ci sia più tanto tempo da perdere.
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE.
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