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algoritmìe e forme del presente
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E gli insegnanti? Didattica di ogni tipo, a piè sospinto, vera/falsa, autentica e autenticata, pur di non vedere che la matematica sono i software i codici le macchine elettroniche i devices digitali: che sono essi stessi La Matematica, e vediamo una buona volta di capirci, caspita.  Matematica diffusa in forme eteromorfe, matematica di grandi numeri, matematica nella realtà diffusa delle cose e indotta ad esistere ben oltre il suo aspetto dimesso tradizionale delle algoritmìe immobilizzate dei suoi signori e nelle forme isolate di ambiti ridotti e speciali.

Sembra di tornare nel tempo lontano, e così ben presente ognor, in cui i Maestri luddisti  c’insegnano a calcolare a penna per cogliere meglio e a fondo il calcolo che le macchine  s’incaricavano altrimenti. Solo compitando si penetrerà l’essenza, dicevano tonti: sostengono i saggi della lunga tradizione che “s’impara ruminando”, contro  l’esperienza rapida che  dice chiaramente come il più delle volte non s’impari neanche, che si sa e basta. Lo sanno le macchine, le cose, le situazioni, i tempi decisi e noi profittiamo del mondo come mai è potuto succedere prima nei tempi.

Qualche buontempone finge ancora di credere che la diffusione di conoscenze matematiche passi attraverso la scolarizzazione, magari quella che va dal grosso al fine  - inteso non come scopo ( il ‘fine’ ) ma come "fin'amor" cortese del matematico innamoraaaato del genere - a costo di perdersene qualche milione di migliaia per strada, cioè nell’andare dal basso in alto, di nuovi adepti (adepti mihi).

La matematica applicata (dunque a se stessa) prende le forme delle cose e dei processi, delle dinamiche interne della produzione di eventi e di spazi, di ogni cosa che permane fissata nei fatti impresssi.