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Sulla via di Rutshuru
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Sulla via di Rutshuru

di Francesca Gennari  

Nel 1988 la Ferrero mandò in onda uno spot per i suoi rinomati cioccolatini che, per molto tempo, ha plasmato l’immagine che la gente aveva della figura del diplomatico.

La pubblicità era ambientata in un’ambasciata italiana situata in un paese estero non precisato. Lo sfarzo della residenza e l’eleganza cordiale dell’ambasciatore hanno fatto sì che, nel tempo, l’immaginario collettivo si fossilizzasse sulla figura del diplomatico coinvolto solo con l’alta società e immerso nel lusso delle ambasciate.

La verità è che l’attività del diplomatico è molto più complessa e sfaccettata e varia in base al paese in cui si trova ad operare; l’ambasciatore può avere il ruolo di facilitatore commerciale, promotore culturale, agente politico oppure cooperatore per lo sviluppo del paese in cui svolge le sue funzioni.

Nelle economie poco avanzate quest’ultimo compito è forse il più difficile perché ci si trova faccia a faccia con le realtà più deboli e con un basso indice di industrializzazione e di sviluppo.

Questo lo sapeva bene Luca Attanasio, diplomatico italiano di stanza in Congo, ucciso, poco più di due mesi fa, mentre viaggiava su un convoglio del Programma alimentare mondiale diretto a Rutshuru, cittadina nella provincia del Kivu Nord.

Attanasio era un modello fortemente antitetico a quello della “diplomazia da Ferrero Rocher”, a lui non interessavano gli eventi, il coinvolgimento con le élite, i meri affari economici e le comuni apparenze da diplomatico sempre in giacca e cravatta. A Luca piaceva l’uomo, nelle sue semplici e naturali caratteristiche. Era considerato un pensatore fuori dagli schemi, un perenne ottimista proiettato nell’avvenire, con il futuro come pane quotidiano. Il suo arrivo agli uffici della Farnesina nel 2004 aveva generato una ventata di aria fresca, di innovazione ed entusiasmo, che aveva portato con sé anche quando, dopo qualche anno di lavoro d’ufficio, era riuscito ad ottenere il suo primo incarico all’estero. Questo segnò per Attanasio la possibilità di reinventarsi e di mettersi alla prova sempre più spesso e scatenare il suo immenso potenziale.

Nel 2017 Attanasio aveva appoggiato attivamente la moglie, Zakia Seddiki, nella fondazione dell’associazione benefica Mama Sofia, con l'obiettivo di sostenere e migliorare la qualità di vita di donne e bambini in difficoltà all’interno della Repubblica Democratica del Congo.

Quasi il 98% degli introiti dell’organizzazione viene devoluto ai poveri, una cosa inusuale per il mondo delle Ong.

Tutto il suo impegno per la salvaguardia della pace e le sue lotte per i diritti umani gli sono valsi nel 2020 l’assegnazione del premio Internazionale Nassiriya per la Pace.

Sulla via di Rutshuru Luca ha trovato la morte e a due mesi di distanza poco di lui ci è rimasto, se non qualche immagine sbiadita passata al telegiornale il giorno dell’annuncio dell’assassino. Allora una domanda sorge spontanea: come mai personalità così aperte nei confronti del prossimo, così impegnate per i diritti, così attive nel campo di quella diplomazia che si discosta totalmente dall’idea di classe privilegiata, si conoscono solo dopo tragici eventi?

Forse è impossibile saperlo ma, come è noto, tra fare del bene e fare del male ci sono immense differenze, tranne una, non lo si urla ai quattro venti.

Nonostante questa nostra negligenza c’è qualcosa che possiamo fare e ce lo suggerisce Federica Cattoi, collega dell’ambasciatore: “forse si può provare a farlo rivivere. Anch’io potrei vivere un po’ come hai fatto tu. Una parola, un gesto, un’iniziativa innovativa, volti a un bene più grande. Così so che la tua eredità è stata anche per me, nel mio piccolo: lo prometto, vivrò di più. Grazie Luca.”

Attanasio dal greco significa “senza morte, immortale” , vi prego, rendiamolo tale.