Questo testo è scritto a titolo del tutto personale da Emanuele Lombardi ed è ancora in fase di correzione. L’autore ringrazia per qualsiasi segnalazione di errori e per qualsiasi suggerimento
Serve anche un controllo dei dati e dei calcoli riportati,
in modo da essere certi che l’idea si regge in piedi ed è realizzabile.
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Scopo
Si vogliono conservare i boschi italiani. A tale scopo si propone di spostare i tagli produttivi dai boschi a impianti di arboricoltura da legno appositamente creati in aree oggi non boschive.
Per non arrecare danni alle imprese, si propone un’alleanza tra Stato, proprietari privati, imprenditori, professionisti, scienziati, banche e mondo finanziario.
Introduzione
I boschi sono l’unico baluardo dell’umanità nei confronti dei cambiamenti climatici perché
- è scientificamente provato che i cambiamenti climatici in atto sono causati dall’eccesso in atmosfera di gas serra prodotti dalle attività umane;
- è scientificamente provato che il gas serra più impattante ai fini dei cambiamenti climatici è l’anidride carbonica (CO2)
- è scientificamente provato che gli alberi sottraggono CO2 all’atmosfera fissandola nel legno e nel terreno;
- anche se cessassimo tutte le attività umane che producono CO2 dovremmo eliminare l’enorme quantità di tale gas che abbiamo già immesso in atmosfera, ma la tecnica non ha trovato modi efficienti di farlo.
I boschi sono indispensabili anche perché producono ossigeno, conservano l’umidità, abbassano le temperature locali, contrastano la desertificazione e il dissesto idrogeologico e, ovviamente, perché sono naturale habitat di flora e fauna. I boschi sono anche insostituibile fonte di bellezza e armonia.
Pertanto, anche se da sempre l’uomo ha utilizzato il legno dei boschi come materia prima, siamo oggi costretti a modificare questa abitudine: il nostro dovere è preservare i boschi per il loro enorme valore ambientale sottraendoli in tal modo al gioco economico.
Le associazioni e i cittadini firmatari ritengono che, al fine di salvare i boschi, sia necessario accettare il principio che
chi vorrà utilizzare legno non potrà tagliare alberi nei boschi
ma alberi appositamente piantati in aree oggi non boschive.
In pratica si tratta di sostituire i tagli forestali con arboricoltura da legno eseguita su terreni oggi non boschivi.
L’arboricoltura da legno è una attività economica già presente in Italia e dall’applicazione del principio di cui sopra avrà ovvie positive ripercussioni, anche in termini occupazionali.
Le esistenti attività economiche basate sulla silvicoltura sarebbero molto danneggiate da una improvvisa applicazione del principio di cui sopra, ma ciò può essere evitato applicando con gradualità il principio in modo che gli operatori economici abbiano modo e tempo di convertire le proprie attività prima che diventi effettivo il divieto generalizzato di tagli nei boschi oggi esistenti, pubblici o privati che siano. Aiuti pubblici nazionali e finanziamenti europei potranno incentivare e agevolare la conversione delle attività economiche.
Aumentare i terreni utilizzati per l’arboricoltura da legno, oltre a permettere di non tagliare nei boschi, è di per sé un ottimo sistema per combattere “hic et nunc” i cambiamenti climatici, poiché i milioni di alberi che saranno piantati inizieranno subito a sottrarre all’atmosfera quantità crescenti di CO2.
Petizione
Le associazioni e i cittadini firmatari propongono che lo Stato:
- modifichi la legislazione in modo che a regime, fatti salvi gli usi strettamente familiari dei piccoli proprietari privati e gli usi civici, il legno necessario per qualsiasi utilizzo dovrà provenire esclusivamente terreni oggi non boschivi, diventando vietati i tagli d’uso nei boschi oggi esistenti, sia in quelli pubblici che in quelli privati (nota D);
- preveda per ciascuna essenza arborea o ciascun utilizzo del legno un periodo di transizione (nota E) alla cui scadenza diventi operativo il divieto di taglio di cui sopra;
- favorisca l’abbandono dei tagli forestali e l’incremento dell’arboricoltura da legno su terreni oggi non boschivi, anche rimboschendoli e rinaturalizzandoli;
- avvii nei boschi di proprietà pubblica le attività necessarie a rinaturalizzare e preservare gli ex cedui e favorisca l’avvio di tali attività nei boschi privati;
- si doti delle strutture organizzative, del personale e di tutti i mezzi tecnologici necessari per far rispettare il divieto di tagli nei boschi man mano che termineranno i periodi di transizione di ciascuna essenza;
- cancelli i contributi pubblici e gli sgravi fiscali attualmente rivolti alla produzione di energia da biomassa forestale proveniente da silvicoltura;
- inizi una campagna di acquisto a prezzo politico dei terreni privati oggi boschivi, che a regime non saranno più redditizi per i proprietari a causa del divieto di taglio. Vendite volontarie, non espropri coatti. (vedi nota F)
- vieti da subito l’esportazione di legname proveniente da fustaie forestali;
- applichi le stesse regole al legno d’importazione, permettendo solo quello proveniente da arboricoltura da legno;
Inoltre, le associazioni e i cittadini firmatari:
- invitano il mondo delle imprese a disimpegnarsi dai tagli forestali e a impegnarsi nella nuova arboricoltura, anche attingendo ai fondi nazionali PSR e ai fondi europei relativi all’agricoltura, alla lotta ai cambiamenti climatici, alla conservazione dell’ambiente e alle energie rinnovabili;
- invitano il mondo scientifico e universitario a dare supporto alle imprese coinvolte affinché possano massimizzare i risultati, non solo ambientali, e minimizzare l’uso di tecniche e sostanze potenzialmente negative per l’ambiente;
- invitano le banche e gli investitori a finanziare adeguatamente il mondo delle imprese e della ricerca di cui ai precedenti punti 10 e 11;
- invitano il mondo associativo, non solo quello ambientalista, ad aiutare le istituzioni preposte nella loro opera di vigilanza nei boschi e nelle foreste contro gli incendi e i reati ambientali;
- invitano il mondo politico e la classe dirigente, nazionale e locale, a coordinare nel tempo l’operato di tutti gli attori di cui sopra;
- invitano i cittadini ad essere disposti ad accettare prodotti di qualità inferiore nei casi in cui il legno arboricolo non possa avere le stesse caratteristiche di quello forestale;
- invitano il mondo della cultura a prendere parte attiva in questa battaglia a difesa dei boschi;
- invitano il mondo delle comunicazioni e diffondere e promuovere l’idea che i boschi non vanno più intesi come fonte di materia prima legnosa.
Note al testo
- La proposta è realizzabile per quanto attiene le superfici agricole necessarie. Esse sono infatti disponibili anche grazie all’abbandono dell’agricoltura che, solo tra il 1990 e il 2005, ha reso inutilizzati più di due milioni di ettari. Si consideri inoltre che in Italia esiste già l’arboricoltura da legno, essendo la pioppicoltura attiva oggi su circa 120.000 ettari.
La proposta è relativa a tutte le produzioni legnose ma i primi risultati potranno venire dalle produzioni che, utilizzando le essenze a più veloce crescita, saranno le prime a dare un “raccolto” arboricolo. Si tratta delle produzioni a scopo energetico (cippato, pellet e legna da ardere) che in Italia rappresentano circa il 70% del prelevato forestale.
Le associazioni e i cittadini firmatari non si esprimono qui sull’uso energetico della legna, ma pragmaticamente riconoscono che è positivo per l’ambiente spostarne la produzione dall’ambito forestale a quello arboricolo.
Poniamo di voler sostituire tutta la produzione forestale di legna a scopi energetici con produzioni arboricole in terreni agricoli oggi non boschivi. Semplifichiamo i calcoli assumendo che vogliamo utilizzare solo Paulownia come essenza dell’arboricoltura, ebbene (vedi “Calcoli”)
- con 1 milione di ettari si coprirebbero tutti gli attuali consumi italiani, azzerando ogni import
- con 200.000 ettari si coprirebbe l’attuale produzione forestale interna
- Rendere produttivi anche solo 200.000 ettari di terreni agricoli oggi non boschivi significa dare un grande impulso all’arboricoltura e a tutte le attività economiche ad essa connesse, con notevoli ricadute positive sull’occupazione. Attenzione deve essere data all’uso dei concimi in questa particolare forma di agricoltura intensiva che è l’arboricoltura da legno e le competenze delle Università e degli Enti pubblici saranno preziose in questo campo.
- Gli alberi piantati nell’arboricoltura da legno durante la loro crescita assorbono dall’atmosfera una certa quantità di CO2 che fissano nel legno. In questo modo contribuiscono alla lotta ai cambiamenti climatici (si vedano le righe K e P della tabella).
- Nel caso della legna destinata ad usi energetici, tutta la CO2 assorbita sarà reimmessa in atmosfera durante la combustione del legno a fine turno e poi di nuovo assorbita dalle piante del successivo turno e così via, non incrementando nel tempo la quantità di CO2 presente in atmosfera;
- Nel caso del legname da opera, la CO2 assorbita sarà reimmessa in atmosfera alla fine della utilizzazione del legno che o sarà bruciato o marcirà lentamente. In molti casi ciò avverrà anche decine di anni dopo il taglio delle piante.
- Quanto proposto al punto 1 toglie valore economico anche ai boschi privati e pertanto è in contrasto con le regole dell’economia di mercato. Ma dobbiamo capire che questa è una situazione di assoluta emergenza e che pertanto la società ha tutto il diritto di derogare a regole da essa stessa decise e accettate. In fondo non è la prima volta che la politica azzera il valore economico di beni economici, successe già in USA con la fine della schiavitù che azzerò il valore economico degli schiavi, con grave danno a chi li possedeva. Oppure nel ‘48 in Italia quando la legge Merlin vietò le case di tolleranza, gestite da privati con concessione pubblica.
La Costituzione Italiana permette alla legge di togliere valore economico a beni privati allo scopo di assicurarne la funzione sociale, e combattere i cambiamenti climatici è certamente una funzione sociale!
- ART. 41. L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
- ART. 42. La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.
Inoltre la campagna di acquisti da parte dello Stato, di cui al punto 7, può compensare i proprietari della sopravvenuta non redditività dei boschi.
- Il periodo di transizione di cui al punto 2, se non definito per ciascuna essenza, può essere definito per ciascun utilizzo (cippato, legna da ardere, …) e valere per tutte le essenze usate per esso. Per ciascun utilizzo si sceglie l’essenza più veloce nel dare un proficuo utilizzo del legno e la durata del periodo di transizione di quell’utilizzo sarà in funzione del numero di anni necessario a tale essenza a diventare produttiva.
Ad esempio, per il cippato il periodo di transizione potrebbe essere di (almeno) cinque anni essendo il pioppo la pianta più veloce a diventare produttiva per il cippato ed essendo proprio cinque anni il tempo necessario. Terminato il periodo di transizione sarà vietato in ogni bosco, pubblico o privato, il taglio di qualsiasi essenza (non solo il pioppo!) per produrre cippato.
- Il prezzo col quale lo Stato si offre di acquisire i terreni boschivi privati che perderanno il loro valore economico a causa del divieto di tagli (punto 7) può essere un multiplo (uguale, il doppio, il triplo... ) della rendita che tali boschi darebbero alla fine del prossimo turno, al prezzo locale odierno della loro legna.
Calcoli
Tra il 1990 e il 2005 la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) ha subito un calo superiore ai due milioni di ettari (ref: ISPRA 2008)
Limitiamo i calcoli al solo uso energetico del legno, per il quale uso sono sufficienti essenze a veloce crescita.
Dai calcoli (vedi tabella che segue) risulta che se si utilizzasse solo Paulownia per l’arboricoltura, per coprire in quattro anni TUTTI i consumi italiani, azzerando quindi tutte le importazioni, ci vorrebbero circa 1 milione di ettari di terreno agricolo non boschivo (vedi riga H della tabella) mentre per coprire SOLO l’attuale produzione interna basterebbero 200.000 ettari (riga K)
Le superfici e i tempi aumentano se si usasse il pioppo al posto della paulownia.
Nel 2014 Il prelievo annuale di legna ad uso energetico e di legname da industria in Italia è stato di circa 5 Mm3 (ref: UNIVPM 2011) di cui circa il 70% (4 Mm3) è per scopi energetici: legna da ardere, cippato, pellet. Ciò equivale a 2 Mt, assumendo un coefficiente di conversione di 1 m3 = 0,5 t (ref: Mantau 2010)
Baù (2014), partendo dai dati sugli apparecchi domestici, le caldaie a uso civile e i grandi impianti presenti su scala nazionale, ha stimato un consumo complessivo di 27,3 Mt di biomasse, risultanti dalla somma di 19,3 Mt di legna da ardere, 4,7 Mt di cippato e 3,3 Mt di pellet.
Il Bilancio Energetico Nazionale 2016 (ref: BEN 2016) tra le voci primarie, per la “legna” offre una cifra analoga (25.4 Mt) e per “biomasse per elettricità” 14.6 Mt, di cui probabilmente una parte è di origine forestale. I dati della produzione di legna in BEN 2016 sono sovrastimati rispetto a UNIVPM 2011.
Quali che siano i dati reali, è evidente che importiamo grandi quantità di legno ad uso energetico e infatti siamo il 1° importatore mondiale di legna da ardere, 3° importatore di pellet a uso civile, 3° importatore di residui e scarti legnosi, 12° importatore di cippato di conifere.
legno per uso energetico (legna da ardere, cippato, pellet)
A | stima dei consumi annuali | t | 2,73 M |
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B | stima dei prelievi | t | 5 M |
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| Paulownia | Pioppo | Cerro |
C | durata del turno, quindi anche periodo di tempo necessario per arrivare a regime | a |
| 4 | 10 | 25 |
D | produzione per ettaro per turno | m3/ha |
| 200 | 200 |
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E | produzione per ettaro per turno (1 m3 = 0,5 t) | t/ha |
| 100 | 100 |
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F | piantine per ettaro |
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| 600 | 250 |
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G | CO2 assorbita per turno x ettaro | t/ha |
| 30 |
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| PER PRODURRE CON L'ARBORICOLTURA TANTO LEGNO QUANTO GLI ATTUALI CONSUMI PER USO ENERGETICO |
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H | superficie necessaria per singolo turno = A/E | h |
| 273000 | 273000 |
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I | superficie necessaria per tutti i turni = H*C | h |
| 1,092 M | 2,73 M |
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J | piantine da piantare ogni anno (a inizio turno) = F*H |
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| 163,8 M | 68,25 M |
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K | CO2 assorbita per turno = G*H quindi, a regime, ogni anno | t |
| 8,2 M |
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| PER PRODURRE CON L'ARBORICOLTURA TANTO LEGNO QUANTO GLI ATTUALI PRELIEVI DAI BOSCHI PER USO ENERGETICO |
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L | superficie necessaria per singolo turno = B/E | h |
| 50000 | 50000 |
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M | superficie necessaria per tutti i turni = L*C | h |
| 200000 | 500000 |
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N | piantine da piantare ogni anno (a inizio turno) = F*L |
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| 30 M | 12,5 M |
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P | CO2 assorbita per turno = G*L quindi, a regime, ogni anno | t |
| 1,5 M |
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