La dominazione spagnola ed i Beccaria
Lo stato dominato dagli spagnoli, racconta don Carlo Locatelli nella sua storia di Sartirana[1], "era ben lontano da costituire un organismo unitario. Sussistevano ancora, con caratteri ben distinti, gli elementi che lo avevano composto: il contado di Milano, la contea di Como, la contea di Novara, il contado di Vigevano, il principato di Pavia da cui dipendeva la Lomellina[2], le contee di Alessandria, di Tortona, di Lodi, la provincia di Cremona; tutti conservavano autonomia amministrativa e finanziaria differenziatissima, avendo per lo più nel loro interno ancora numerosissime distinzioni di privilegi e di consuetudini. Nel 1564 il governo spagnolo, riconosciuta l'iniquità dei privilegi fiscali dei cittadini pavesi rispetto ai rurali, promosse la costituzione di congregazioni con la finalità principale di distribuire equamente tra le comunità il carico fiscale. Le congregazioni ebbero più in generale funzioni di coordinamento amministrativo e rappresentanza delle istanze locali di fronte al potere centrale. La provincia di Lomellina era amministrata da una Congregazione eletta da 25 Comuni e composta da un sindaco generale sedente presso il governo di Milano; da un sindaco forese, da quattro consiglieri, di cui uno di Mortara, e di un Cancelliere. I rappresentanti di Olevano partecipano alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo e anche alla successiva congregazione svoltasi a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, dove sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi e che per questo hanno diritto di voto[3].
L'atto più importante della Congregazione fu la compilazione nel 1620 degli Statuti della provincia Lomellina[4]. Le funzioni di polizia erano esercitate dallo stato per mezzo di numerosi organi: il capitano di Giustizia a Milano, i Podestà negli altri centri, i Consoli e gli Anziani... Le famiglie dei nobili, uniformandosi alle usanze spagnole, prendevano al loro servizio un numero grandissimo di servitori, a cui non davano salario, ma li vestivano, li mantenevano e li armavano. Costoro, a servizio dei nobili potenti e ribaldi, spesso diventavano i bravi esecutori, quasi spesso impuniti, di soprusi e delitti. Al malgoverno spagnolo si aggiungevano le frequenti guerre e le pestilenze: famosa quella detta di San Carlo (1576/77) e quella descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi (1630), la quale viene a coronare un seguito di sventure, di crisi economiche, di disoccupazione e di miseria, aggravate da un succedersi di annate agrarie sfavorevoli. La peste era stata portata in Lomellina dalle truppe spagnole che attraversavano continuamente il territorio e spesso si accampavano "attendendo il momento propizio per essere chiamate sul campo di lotta"[5]. Nel giro di pochi anni furono combattute due guerre per il predominio del Monferrato (la prima tra Spagnoli e duca di Savoia dal 1613 al 1617; la seconda tra duca di Savoia, alleato della Spagna, e la Francia, dal 1628 al 1631) e la guerra dei Trent'anni (1618/48) che fu portata in Italia dai Franco-savoiardi contro gli Spagnoli a partire dal 1635. Nonostante la mancanza di documentazione riguardante Olevano, possiamo immaginare quanto anche il nostro paese vi fosse coinvolto. Nel 1644 i Francesi tornano in Lomellina, espugnano Sartirana il 13 luglio, mentre nel 1645 i Savoia occupano Vigevano. Da Milano gli Spagnoli si portano tra Mortara e Novara, "ai passi del Sesia e dell'Agogna": i Savoia, non ricevendo l'aiuto francese, lasciano a Vigevano un presidio e si ritirano, attaccati dagli Spagnoli sull'Agogna. Nel 1646 la fortezza vigevanese, dopo un mese di assedio, si arrende agli Spagnoli. Il presidio savoiardo-francese, trattata la resa, per la strada di Olevano si ritira a Casale. L'anno dopo gli Spagnoli si accampano a Sartirana sgombrata dai Francesi, a Mede e a Lomello. Più tardi, nel 1654, le truppe franco-savoiarde, passato il Po e dirette a Vigevano, mettono a ferro e a fuoco la Lomellina: Vigevano si arrende, e così pure Mortara dopo l'assedio del 1658. Con il trattato del 1659 (Pace dei Pirenei) Valenza e Mortara ritornano agli Spagnoli.
Di Olevano restano alcuni atti risalenti all'anno 1604 quando il conte Antonio Beccaria dava il permesso di costruire una chiusa sull'Agogna dalla quale originava una roggia destinata ad irrigare le terre di Lomello e Galliavola (chiusa che sarà poi rifatta nel più a valle nel 1775). Questa nuova opera di irrigazione provocò una causa, documentata da atti fra il 1612 ed il 1629, condotta presso il Senato di Milano da parte del conte Antonio Beccaria, feudatario di Olevano e Ceretto, contro i Padri Gesuiti del Collegio di Brera (i quali dal 1660 al 1769 tennero Galliavola) riguardo alle acque del fiume, e viceversa contro il detto conte, preteso possessore dei feudi di Olevano e Ceretto e delle acque dell'Agogna. Del 1631 esistono atti che attestano la riduzione del feudo e redditi di Olevano, fatta "a nome della Regia Camera, senza discendenti maschi del conte Antonio Beccaria".
Altri atti degli anni seguenti ci documentano, poco chiaramente, acquisti di beni, possedimenti, diritti di discendenza in linea maschile, liti legali contro i Beccaria. Un esempio ne sono le cause intentate da Sagramoro Attendolo Bolognini e dal dott. Paolo Alessandro Olevano contro il marchese Giovanni Beccaria, figlio di Antonio, per il possesso del feudo di Olevano o di una sua parte, ed alcune cause mosse dal Regio Fisco contro i fratelli Bolognini. Dopo anni di azioni legali, nel 1649 il Magistrato decise di affidare i diritti feudali a Giovanni Beccaria: nell'Instrumento del 10 luglio si ricorda che il marchese dovette acquistare il Feudo di Olevano e Ceretto per una somma di lire 1200 imperiali, poiché erano state accertate delle irregolarità in riguardo alla vendita del 1555[6]. Il prezzo del feudo veniva stabilito in base ai redditi che produceva; a questo scopo, come spiega un alto funzionario di pubblica amministrazione dello stato di Milano, il Magistrato delle entrate straordinarie del Regio Fisco "delega uno delli Maestri Togati...il quale con uno delli due Notari, uno Uschiero et uno Scrittore... si trasferiscono al luogo infeudato e, tolta ivi prima informazione della qualità del feudo vacato e dei suoi redditi... se vi è Fortezza o Casa o altri beni feudali, del numero delli luoghi soggetti al Feudatario, degli esercizi o facoltà loro (dei sudditi), della longhezza e della larghezza del territorio... susseguentemente si esaminino quelli che tengono li dazii ed altri redditi feudali sopra la quantità dei denari che da detti sudditi si cavano... Ritornato a Milano, il Maestro delegato fa relazione del tutto al Magistrato"[7].
I feudatari di Olevano avevano diritto a riscuotere i pedaggi sull'Agogna ed i dazii dell'imbottato[8] che venivano imposti sui cereali, sul vino e sulla carne conservati dai capi di casa. Nell'Archivio di Stato di Milano sono conservati i Registri dei Focolari in cui sono censiti i sacchi di segale, formento, fasoli seccati, risone e le brente di vino di ogni focolare di Olevano: nel 1631 le famiglie che dovevano pagare l'imbottato erano 66, quelle senza imbottato 78, in tutto 144 case.
[1] CARLO LOCATELLI (sacerdote di Sartirana)
Sartirana, cenni storici
Pieve del Cairo, Tipografia San Gerolamo, 1959
[2] ll comune di Olevano è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
[3] CHIARA. PORQUEDDU C., Le origini delle istituzioni 'provinciali' nel Principato di Pavia, «Annali di storia pavese», 1980
[4] Con la dicitura di “Statuta provintiae Lumellinae conditi per Congregationem vigintiquattuor terrarum insigniorum confirmati per excellentissimum senatum anno 1620” sono raccolti gli statuti delle ventiquattro comunità che, riunitesi a Lomello, compilarono ordinamenti comuni, ad integrazione degli antichi statuti di ciascuna, successivamente approvati dal Senato di Milano.
I comuni erano: Sannazzaro, Mede, Mortara, Sartirana, Valle, Castelnovetto, Candia, Garlasco, Breme, Trumello, Dorno, Frascarolo, Rosasco, San Giorgio, Sant’Angelo, Zeme, Groppello, Lomello, Ottobiano, Pieve del Cairo, Borgofranco, Langosco, Scaldasole e Cozzo (Zucchi 1904). Alcuni studiosi citano anche Albonese (Merlo 1996).
Secondo tali ordinamenti la Lomellina contava 25 terre vocali i cui rappresentanti formavano la congregazione ordinaria che aveva cura dei maggiori interessi. Questa congregazione era formata da un sindaco generale che risiedeva a Milano, faceva parte della congregazione di stato e percepiva uno stipendio fisso; da un sindaco forense, da quattro consiglieri residenti in luogo e da uno che risiedeva a Mortara.
[5] ENRICO POLLINI
Annuario storico-statistico-agricolo per l'anno 1874
Mortara, Tipografia Capriolo di A. Cortellezzi, 1873
[8] Imbottato, antica tassa sul vino e su tutti i prodotti conservati in botte.