La famiglia Olevano e le innovazioni del '700: la parrocchiale
La famiglia Olevano, che negli ultimi anni del XVII secolo aveva riavuto gli antichi feudi medievali[1] e probabilmente anche parte del feudo di Olevano, giurò fedeltà al nuovo sovrano sabaudo. A Gerolamo II Olevano, nominato da Carlo II marchese di Zinasco, Sairano, San Nazzaro del Bosco, fu riconfermato il titolo marchionale nel 1720. Il feudo di Olevano rimase probabilmente alla famiglia per tutto il Settecento fino all'abolizione dei diritti feudali in epoca napoleonica. Non esistono documenti in proposito tranne una causa intrapresa nel 1761 dai Fratelli Conti Lorenzo, Carlo e Cesare Taverna, discendenti degli Attendolo Bolognini, contro il Regio patrimonio per l'investitura di "cinque sette parti del feudo"[2]. Gli Olevano aderirono allo spirito innovatore del secolo ed intrapresero, nelle terre ad essi soggette, numerose opere di sistemazione delle campagne, con lo scavo di canali d'irrigazione e la bonifica dei terreni paludosi. Ricostruirono i loro vecchi palazzi, trasformandoli in eleganti ville, e si impegnarono nella costruzione di nuove chiese per i loro feudi. Come abbiamo già visto nei registri Impositiones bladarum in Lomellinae, viene ricordata nel 1259 la chiesa di San Michele di Olevano dipendente da Sant'Alessandro di Zeme. Non conosciamo quando Olevano divenne parrocchia; di certo già lo era nel XV secolo come dimostra una relazione del 1460, redatta in occasione della visitatio, cioè della visita pastorale, di Amicus de' Fossulanis. L'incaricato del Vescovo di Pavia scriveva che la chiesa di San Michele risultava avere buone rendite ed era officiata da un curato che però non vi risiedeva[3]. Anche nella visita pastorale di Ippolito de' Rossi del maggio 1565 la chiesa di San Michele risulta essere in abbandono: viene descritta come fuori dal paese in direzione di Mortara, con un proprio sacerdote che vi celebrava le funzioni solo "qualche volta per divozione". La cura delle anime era tenuta dal cappellano di San Salvatore Franciscus de Reiis de Parona che teneva anche il libro dei battesimi: il sacerdote fu invitato, pena dieci scudi, a recarsi a Pavia per essere abilitato al governo spirituale. Fu forse dopo questa visita pastorale che si ristabilì la cura d'anime in San Michele: i primi documenti dell'archivio risalgono infatti alla fine del '500 e i registri dei battesimi al 1644. La parrocchia di Olevano era sottoposta al vicario foraneo della Pieve di Velezzo fino al XVI sec e quindi a quello di San Michele di Sant'Angelo[4].
Poiché la vecchia chiesa era in decadenza, nel 1733 i feudatari olevanesi diedero avvio alla costruzione di una nuova chiesa, completata undici anni dopo e consacrata il 17 aprile 1744 dal Vicario Foraneo di Santa Maria Maggiore di Lomello, per volere del Vescovo di Pavia, alla presenza del marchese Gerolamo de Olevano e dal pubblico notaio don Rodobaldo Marino che ne fece pubblico instrumento, riservando alla comunità dei capifamiglia il diritto di patronato, cioè il diritto di eleggere il Parroco, da una terna proposta dal Vescovo[5]. La fine dei lavori è documentata su di una lapide marmorea posta a destra dell'altare maggiore:
ARCHANGELO MICHAELI
AEDEM PROPE LABENTEM
BALTHASSAR DE OLEVANO COMMENDAT.
IACTIS FUNDAMENTIS ANNO MDDCCXXXIII
HIERONIJMUS DE OLEVANO MARCHIO
ABSOLUTO OPERE ANNO MDCCXLIV
NON SINE INCOLARUM INDUSTRIA
ELEGANTIOREM RESTITUEBANT.
"Essendo la chiesa dedicata all'Arcangelo Michele quasi cadente, il commendatario Baldassarre Olevano nell'anno 1733 pose le fondamenta di una nuova ed il marchese Gerolamo Olevano la portò a termine nell'anno 1744, con l'interessamento ed il lavoro degli abitanti, rifacendola più grandiosa e più elegante."
Il progetto venne affidato da Baldassarre de Olevano all'architetto della famiglia, Lorenzo Cassani (1687-1767), illustre esponente del barocchetto pavese che già aveva lavorato a Pavia al coro della chiesa di San Pietro in Ciel d'Oro, commissionatogli dai Padri Agostiniani; in seguito progetterà numerose opere civili e religiose a Pavia (Palazzo Olevano), Casteggio (San Sebastiano), e Cava Manara (Parrocchiale e Villa Olevano). Come scrive la dott.sa Alida Casali[6], "l'opera del Cassani alla parrocchiale di Olevano si pone agli inizi dell'attività dell'architetto parallelamente all'evolversi, nella zona pavese, di uno stile che dalla pesantezza del barocco milanese arriva alla tranquilla sobrietà del neoclassico. Nella chiesa di San Michele Cassani espresse nuove tecniche architettoniche e decorative, sottolineando e potenziando gli elementi verticali, le lesene libere, gli incassi interlesenici, il gioco di finestra e mezzanino, tendendo ad un discorso costruttivo che punta più sul pittorico che sul chiaroscurale".
La facciata, giocata leggermente sulla linea curva con le ampie finestre decorative di influsso richiniano, e la pianta interna poligonale, molto ampia e vagamente ottagonale (è un'ellisse con inseriti quattro rettangoli corrispondenti all'ingresso e ai tre altari), sono elementi caratteristici del barocchetto, che nel primo trentennio del secolo andava diffondendosi nel Pavese.
Il vasto edificio, con il soffitto ovale che si allarga unificando l'ambiente, conserva numerose opere d'arte. L'altare maggiore è costituito da un blocco omogeneo di marmo con struttura barocca ed elegante trono. Il bellissimo crocefisso in legno che sovrasta l'altare, fu ritrovato nel 1974 in San Rocco e sembra risalire al Medioevo. Dietro l'altare è sistemato un grandioso dipinto del pittore Felice Truffa di Candia (1871-1895), raffigurante la Gloria di San Michele e risalente al 1892[7]. Alla sinistra dell'altare maggiore si trova un meraviglioso pulpito con confessionale realizzato in noce, di stile barocco. Sui lati si fronteggiano l'altare della Madonna del Rosario e l'altare dei SS. Giacomo ed Anna. Il primo conserva quattro tele raffiguranti Sant'Agata, Santa Lucia, Santa Apollonia e Santa Margherita, attribuite al pittore pavese Carlo Antonio Bianchi, detto Bianchetti (1714-1774?)[8] ed una statua lignea della Vergine eseguita dallo scultore Michele Tiraboschi nel 1741; il secondo, legato ad un beneficio ricordato nel 1693, possiede un affresco, raffigurante San Gioacchino e Sant'Anna con il Bambin Gesù, e quattro tele raffiguranti San Ponzio, Sant'Antonio, e due angeli, sempre di C.A. Bianchi. Da quest'ultimo altare si accede ad una cappella dedicata alla Beata Vergine di Settembre o del Deposito, dove è conservata una statua lignea raffigurante la Madonna, di epoca cinquecentesca. Le volte furono decorate nel 1897 dal pittore Luigi Morgari (Torino 1857- 1935), allievo del Gamba e del Gastaldi all'Accademia Albertina. Il Morgari realizzò il meraviglioso affresco di forma ovale, riproducente la battaglia che l'Arcangelo Michele ha ingaggiato nel Paradiso contro le forze maligne, ed i dipinti che troviamo nei quattro angoli della volta raffiguranti il Sacro Cuore di Gesù, San Vincenzo de' Paoli, San Carlo Borromeo, San Giuseppe ed i quattro evangelisti. La Cena del Signore, che troneggia sull'altare maggiore, è invece attribuita al pittore vigevanese Vincenzo Boniforti (1866-1904) e sarebbe stata realizzata verso il 1900[9]. Infatti, in una visita pastorale del 1906, le volte risultano "pitturate e ornate da due anni", e nel 1899 si trovano diversi acconti indirizzati al pittore Boniforti. Interessante anche la Sacrestia dove sono conservati un imponente armadio di noce, antichi e rari libri ed i documenti dell'Archivio parrocchiale, che risalgono fino al XVI secolo. L'alto ed esile campanile risale al 1749. La chiesa fu visitata il 18 aprile 1760 dal Cardinale Amasi e dal vescovo di Pavia Bellingerio e fu per la prima volta descritta in una visita pastorale. Nel documento che ricorda quell'avvenimento si dice che "in dicta Parrocchia sunt anime a communione 450 et a non communione 250 circiter, qui bene se habent" (in questa parrocchia vi sono circa 450 anime a comunione e altri 250 circa), in tutto 700 abitanti.
[1] ARCHIVIO STORICO DI TORINO
Atti relativi alla famiglia Olevano: ART. 753 P. 1 Vol. 21
Nel 1621 Gerolamo Olevano acquistò i feudi di Cava, Taverna, Travedo, Torre de' Torti, Salimbene, Spessa, San Fedele, Sabbione e Casa Bianca. Nel 1694 Bartolomeo Olevano acquistò i feudi di Zinasco, Sairano e San Nazzaro del Bosco
[2] ARCHIVIO STORICO DI TORINO
ART. 753 P. 1 Vol. 24 Fg 409
"cinque sette parti del feudo": significa che per cinque anni le tasse erano pretese da un proprietario, per gli altri due anni da un altro.
[3] X. Toscani: Aspetti di vita religiosa…
X.Toscani: Visite pastorali in diocesi di Pavia nel Cinquecento…
[4] Vicario Foraneo è un parroco preposto a più parrocchie, di cui rende conto direttamente al vescovo; dipendevano dalla vicaria foranea di Sant'Angelo anche le chiese di Zeme, Rosasco, Nicorvo, Cilavegna, Parona, Mortara, Cergnago, Ceretto e Castello d'Agogna.
[5] L'elenco dei parroci è riportato nella terza parte.
[6] ALIDA CASALI
L'attività di Lorenzo Cassani architetto per i nobili Olevano; chiarimenti sul Settecento pavese.
Estratto dal Bollettino della Soc. Pavese di Storia Patria, anno LXXXVII
Nuova serie, Volume XXXIX, 1987
Como, Litografia New Press, 1987
[7] Si ha notizia che in origine vi fosse un'altra tela ad olio, raffigurante l'Arcangelo San Michele che precipita i demoni, attribuita a C.A. Bianchi. Tale tela è andata perduta nel secolo scorso e sostituita con quella attuale
[8] FRANCESCO BARTOLI
Notizie sulla pittura...delle chiese d'Italia
Venezia, 1777
DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI
Treccani, Roma, 1968
Carlo Antonio Bianchi (Pavia 1714- ancora attivo nel 1774) viene definito un modesto pittore che, pur avendo subito l'influsso della pittura romana, non tralasciò le tendenze lombarde che chiedevano modi aggraziati; nei suoi affreschi "i corpi robusti, sviluppati a serpentina, hanno volti pienotti e i panneggi mostrano, con le pieghe un po' dure, larghi svolazzi; le tinte sono forzate, chiare, ma non luminose, talvolta gessose".
[9] Il pittore prese come modelli alcuni abitanti di Olevano che furono così ritratti attorno alla tavola dell'Ultina Cena; la curiosa circostanza è confermata da molti.