NewsLetter di Medicina e Psicologia - 2021 - Luglio
Intervista a Maria Grazia Gerbino sul Cyber-Bullismo
A cura di Annamaria Giannini
L’occasione di intervistare Maria Grazia Gerbino, Professoressa Associata di Psicologia Generale, è particolarmente gradita dato che la Collega ha al suo attivo una lunga e importante esperienza sul fenomeno del cyberbullismo, fenomeno non nuovo ma che ha ricevuto particolare attenzione in particolar modo negli ultimi tempi.
Ho rivolto a Maria Grazia Gerbino alcune domande per avviare un discorso che possa aiutarci a capire di più sul fenomeno e sulle possibili strategie di prevenzione alla luce delle recenti ricerche sul tema.
In che cosa consiste il fenomeno del cyberbullismo?
Per cyberbullismo intendiamo un insieme di comportamenti che avvengono online o attraverso dispositivi elettronici finalizzati a danneggiare un’altra persona. Si può trattare di messaggi offensivi o di condivisione di materiali (per es. immagini) che ledono la dignità dell’altro/a, mettendolo/a in ridicolo o in cattiva luce. Tali comportamenti possono spingersi fino a forme di furto di dati personali o di identità utilizzati per danneggiare o ricattare un’altra persona. Perché si possa parlare di cyberbullsimo è importante che ci sia anche una disparità di status tra chi perpetra l’azione di cyberbullismo e la vittima che ne è oggetto.
Di fatto il cyberbullismo rappresenta l’estensione del fenomeno del bullismo alla realtà online. La diffusione delle tecnologie e l’aumentare delle interazioni tra i giovani in ambiti virtuali ha creato nuovi contesti in cui le azioni di prepotenza e vessazione hanno trovato forme diverse di realizzazione. Le nuove tecnologie forniscono mezzi e opportunità subdole e pervasive di danneggiamento dell’altro, garantendo l’anonimato dell’aggressore da una parte e allo stesso tempo estendendo enormemente il pubblico che assiste a tali offese. In passato, le azioni di bullismo a scuola al massimo potevano avere come spettatori i compagni di classe o i presenti nel cortile della scuola. Oggi è sufficiente postare un commento su un profilo social per raggiungere anche migliaia di potenziali spettatori. Inoltre, i contenuti offensivi postati online estendono l’esperienza di vittimizzazione nella misura in cui i contenuti possono essere condivisi da altri e rimangono visibili sul web anche molto tempo dopo che il contenuto è stato caricato.
Negli ultimi anni in Italia, si è posta particolare attenzione a questi fenomeni e nel 2017 è stata approvata la legge n.71 del 29 maggio “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.” La legge specifica il quadro generale delle azioni da intraprendere nel caso di episodi di bullismo o cyberbullismo anche all’interno delle scuole e fornisce un quadro di riferimento per le misure preventive, educative e formative in tema di contrasto al cyberbullismo. La legge inoltre ha introdotto, sia a livello di scuole che di regioni, figure specifiche di riferimento per il bullismo e il cyberbullismo
Stiamo parlando di un fenomeno in aumento rispetto all’incidenza? In caso positivo è praticato maggiormente da ragazzi o da ragazze?
La facilità di accesso e l’incremento nell’utilizzo dei dispositivi elettronici da parte dei minori e l’abbassarsi nell’età di utilizzo di tali dispositivi portano inevitabilmente ad un incremento del fenomeno. Dobbiamo però fare delle distinzioni in termini anche di gravità delle azioni perpetrate. I dati in merito all’incidenza del cyberbullismo sono a volte discordanti. Alcune ricerche riportano che il 70% degli adolescenti sono stati vittima di cyberbullismo, per esempio. In altre le percentuali sono di gran lunga minori. Io credo, però, che il problema importante più che l’aumento del fenomeno, sia la gravità delle conseguenze che tale fenomeno può avere (anche se si tratta di un singolo episodio) sulla vita di un minore e il fatto che lo sviluppo tecnologico e la sua accessibilità possa incrementare la percezione di “banalità del male”, per citare l’Arendt. Per esempio, il fatto di potere scaricare molto facilmente un’app di fotoritocco sul proprio smartphone rende facilissimo creare dei fotomontaggi da postare sui social per prendere in giro un compagno. Inoltre, più aumenta l’accessibilità dei dispositivi, più è probabile che vi si abbia accesso ad età molto giovani, quando non vi è sia ancora una consapevolezza e una maturità adeguata per valutare le conseguenze delle proprie azioni sugli altri.
Rispetto alle differenze di genere, i dati sembrano indicare che siano soprattutto i ragazzi essere perpetratori di cyberbullismo, mentre rispetto alla cyber-vittimizzazione non sembrano emergere chiaramente differenze tra ragazzi e ragazze.
Quali sono gli effetti sulle vittime?
Disponiamo ormai di una varietà di ricerche che evidenziano come l’essere vittima di cyberbullismo si accompagni a problemi di ansia e a tendenze depressive, ma anche a problemi psicosomatici, difficoltà del sonno, e pensieri suicidari. Purtroppo, in rari casi, le vittime di cyberbullismo tentano il suicidio e in alcuni casi purtroppo si suicidano. In realtà non si tratta di conseguenze molto diverse da quanto la letteratura ha evidenziato per il bullismo, ma nel caso del cyberbullismo gli episodi possono avvenire anche mentre si è nella propria stanza da soli, pertanto è importante essere attenti a eventuali segnali di disagio da parte di ragazzi e ragazze.
Puoi descrivere brevemente le attività di cui hai fatto parte in tema di ricerca e prevenzione?
Dal punto di vista delle prevenzione del cyberbullismo, sono coinvolta nel progetto Generazioni Connesse-Safer Internet Center Italia dal 2015 come parte dell’Unità di Sapienza del Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla genesi e lo sviluppo delle Motivazioni Prosociali e Antisociali .
Generazioni Connesse è un progetto co-finanziato alla comunità europea coordinato dall’allora MIUR (oggi MI) con il partenariato di molteplici realtà coinvolte sui temi della sicurezza in rete . Il ruolo del Safer internet Centre è di farsi promotore di azioni a livello nazionale per potenziare l’utilizzo positivo delle tecnologie e la prevenzione dei comportamenti a rischio online tra i minori. Il nostro ruolo, insieme all’Università di Firenze, è stato principalmente di monitoraggio e valutazione del progetto. In particolare, la nostra unità si è occupata nel monitoraggio e della valutazione delle attività della linea di ascolto di Telefono azzurro per i minori e delle hotline di Telefono Azzurro e Save the Children per la segnalazione dei materiali illegali online.
Abbiamo inoltre lavorato alla definizione delle “Linee Guida per l’uso positivo delle tecnologie digitali e la prevenzione di rischi nelle scuole”. Si tratta di un documento importante perché contribuisce a dare delle direttive nazionali sugli interventi rivolti alle scuole e finalizzati a promuovere competenze digitali e prevenire i rischi (tra cui il cyberbullismo). Inoltre, il documento include una sezione ad hoc relativa ai criteri minimi che gli interventi svolti nelle scuole dovrebbero adottare in termini di procedure di valutazione degli interventi stessi. Abbiamo voluto dare delle indicazioni che garantissero un livello minimo di qualità nella valutazione degli interventi. Si tratta di un punto spesso trascurato, che invece ha una notevole importanza per il nostro Paese.
Di recente sto collaborando anche ad un progetto europeo PON “Nei Panni di Caino per comprendere e difendere le ragioni di Abele” di cui è beneficiario il Ministero dell’Interno e la parte scientifica e di formazione è coordinata dal Dipartimento di Psicologia (Responsabile Scientifica: Anna Maria Giannini), finalizzato allo sviluppo di un intervento di prevenzione di bullismo e cyberbullismo rivolto alle scuole secondarie di II grado dislocate sulle zone più disagiate del territorio nazionale e in cui abbiamo sviluppato degli scenari di realtà virtuale su bullismo e cyberbullismo da utilizzare all’interno del progetto.
Infine, da diversi anni mi occupo di sviluppo della prosocialità negli adolescenti come mezzo di promozione dell’adattamento psicosociale, ma anche come mezzo per prevenire comportamenti aggressivi. Su questa linea abbiamo avuto delle evidenze in Italia circa l’effetto del programma CEPIDEA (un programma sviluppato per la promozione della prosocialità nella scuola secondaria di I grado) nel ridurre il ruolo passivo degli osservatori negli atti di bullismo. Stiamo pensando all’inserimento nel programma di una componente specificatamente rivolta alle relazioni online.
Quali sono le linee di prevenzione che ritieni più efficaci?
Solo di recente sono state pubblicate delle meta-analisi sull’efficacia degli interventi specificamente rivolti al cyberbullismo. Come dicevo prima, l’azione di prevenzione del cyberbullismo è parte degli interventi di prevenzione del bullismo e il contesto scolastico è di solito il contesto elettivo di intervento.
Complessivamente è importante adottare un approccio degli interventi di tipo ecologico, che coinvolga l’intero contesto in cui sono inseriti i giovani. E’ importante che le scuole definiscano le prassi su come intervenire nel caso di episodi di bullismo/cyberbullismo e che gli insegnanti abbiano un’adeguata formazione.
Nel caso degli interventi di tipo universale, volti a prevenire nuovi episodi, lo sviluppo delle capacità socio-emotive dei giovani e in particolare delle capacità empatiche e di comprensione del punto di vista dell’altro è di particolare importanza. A volte i giovani hanno difficoltà a comprendere pienamente le conseguenze delle proprie azioni, soprattutto nei contesti virtuali in cui la reazione dell’altro non è visibile. A livello di gruppo classe, ma anche di scuola, è importante sviluppare il senso di responsabilità collettiva e di coesione, in modo che le eventuali vittime non rimangano isolate ma possano trovare sostegno nei compagni. Gli interventi dovrebbero mirare anche a sviluppare le capacità di coping delle eventuali vittime, sviluppando le capacità di richiesta di aiuto alle figure di riferimento.
Rispetto agli interventi, bisogna però fare attenzione ad alcuni rischi. E’ importante non porre un'enfasi eccessiva sui temi del bullismo/cyberbullismo, poiché questo può involontariamente portare a dare una esagerata visibilità al fenomeno, rendendolo un “modello negativo”. Inoltre, di recente la letteratura ha evidenziato anche alcuni effetti negativi nel lavorare sul rafforzare l’intervento dei pari per proteggere la vittima. E’ importante una formazione adeguata degli studenti su come intervenire a protezione delle vittime. Paradossalmente sentirsi troppo protetto dai pari implica per la vittima la possibilità di sentirsi ancora più debole e vulnerabile, inoltre esiste anche il rischio che per proteggere una vittima si utilizzino modi aggressivi o violenti, aumentando così l’escalation aggressiva.
Nel complesso direi che nel nostro Paese c’è una grande attenzione e sensibilità al tema del cyberbullismo. L’Italia è l’unico paese europeo che ha un Safer Internet Centre il cui capofila è un Ministero che si occupa di educazione e questa è una grande opportunità.
Lavorare con le scuole è la via elettiva per formare studenti responsabili e competenti nelle relazioni (reali e virtuali) e cittadini responsabili per la nostra società futura. La sfida non è tanto ridurre il cyberbullismo quanto formare ragazzi e ragazze capaci di sapere utilizzare al meglio le opportunità che le tecnologie ci offrono e che siano capaci di costruire una società più solidale ed equa.