MANIFESTO DELL’EDUCAZIONE DIGITALE DI COMUNITÀ
Marco Gui, Marco Grollo, Stefania Garassini, Simone Lanza, Giacomo Trevisan
Negli ultimi decenni, il processo di digitalizzazione ha aumentato la complessità del compito educativo dei genitori. Internet, i social media e gli smartphone determinano una condizione di “connessione permanente” che per tutti implica scelte che riguardano tempi, luoghi, modalità e contenuti dell’utilizzo delle tecnologie. Per ciò che riguarda i minori, l’ingresso in questa condizione è sempre più accelerato e i genitori manifestano una percezione sempre più diffusa di impreparazione, sia dal punto di vista tecnico sia da quello delle scelte educative.
Il momento della consegna dello smartphone è, simbolicamente e nella pratica, quello dove emergono maggiormente queste problematiche. Spesso i genitori concedono uno smartphone ai propri figli preadolescenti per non farli sentire diversi. Inoltre, la forte pressione sociale e commerciale contribuisce a generare l’impressione che non ci sia modo di pensare ad un ingresso nel mondo digitale più lento e pensato. Ci sono poi questioni delicate come la protezione dei figli quando sono fuori casa, l'inclusione nel gruppo dei pari e l'autonomia nello svolgimento di alcune operazioni quotidiane, spesso legate alla scuola, questioni che ad oggi sembrano poter essere risolte solo con la concessione dello smartphone. Alcune rilevazioni mettono in luce che in larga maggioranza le famiglie ritengono che l’arrivo di smartphone e dei social nelle mani dei minori andrebbe posticipato, per consentire un adeguato accompagnamento all’uso dello strumento, ma non riescono nei fatti a realizzare questo proposito. Questa posizione è suffragata dalla ricerca scientifica e dai pronunciamenti delle associazioni pediatriche di tutto il mondo, oltre che dalle norme europee e italiane (si veda il paragrafo “Le motivazioni” alla fine del documento).
Sarebbe perciò auspicabile - nel caso dello smartphone come più in generale nell’educazione digitale - che questo tipo di scelte fosse gestito in modo condiviso tra genitori della stessa classe, gruppo (ad es. sport, oratorio, scout), territorio.
La pandemia legata al COVID-19 ha aumentato il tempo trascorso dai bambini davanti agli schermi, sia quello relativo alle attività scolastiche da remoto sia quello nel tempo libero. Durante i lockdown, il doppio carico di lavoro determinato dallo smart working e dalla presenza in casa dei bambini ha infatti spinto i genitori a ricorrere sempre più di frequente al digitale come strumento di “conciliazione”. Questo ha reso, da un lato, più urgente una presa di consapevolezza da parte delle famiglie; dall’altro ha acuito la sensazione che un'educazione digitale vada pensata insieme, in modo coordinato tra famiglie.
Si è pensato così ad un patto di corresponsabilità per l’educazione digitale che parta dalle famiglie ma si apra alla cooperazione con altri soggetti coinvolti nell’educazione dei giovani. Siamo coscienti che l’educazione digitale non si esaurisce nella gestione di singole scelte, come in particolare l’arrivo dello smartphone, ma consideriamo questo un momento particolarmente significativo sia a livello sostanziale che simbolico nella socializzazione al digitale. Per questo motivo, il nostro lavoro parte da qui.
I 5 PRINCIPI DELL’EDUCAZIONE DIGITALE DI COMUNITÀ
1. Si alla tecnologia, nei tempi giusti - Per sviluppare un utilizzo positivo e consapevole dei media digitali occorrono tre elementi principali: 1) l'educazione ai media, 2) la guida e il controllo genitoriale e 3) un ambiente educativo coerente (comunità educante) nel quale gli adulti di riferimento siano d'accordo su alcune regole comuni. Spesso nel discorso pubblico tutta l'attenzione viene posta sulla prima condizione, come se i bambini opportunamente formati potessero gestire la rete a qualsiasi età. L’educazione è fondamentale ma non basta perché i bambini e le bambine di età troppo precoci non hanno dal punto di vista cognitivo ed emotivo la capacità di comprensione, né l'esperienza per gestire autonomamente processi complessi come quelli che avvengono su internet. La crescita dei bambini segue delle ben precise fasi di sviluppo. Pertanto, l’introduzione delle nuove tecnologie deve tenere conto e rispettare queste fasi, per non interferire negativamente con la crescita sana ed equilibrata del/la bambino/a o del ragazzo/a.
2. Preparare l’autonomia digitale - Non si tratta solo di posticipare o vietare l’uso di device o applicazioni, ma di predisporre azioni e percorsi che hanno l’obiettivo di sviluppare l’autonomia digitale dei nostri figli. Le nuove tecnologie digitali sono un’opportunità e sono parte imprescindibile del futuro dei nostri figli e della nostra comunità. La promozione delle competenze digitali è fondamentale e va iniziata prima che i bambini siano autonomi con un loro dispositivo. Come? Promuovendo un utilizzo attivo e creativo delle tecnologie disponibili nelle case, come i pc, i tablet o lo smartphone dei genitori (ad es. registrare suoni, produrre video insieme alla famiglia, progettare le vacanze insieme, comunicare con familiari lontani, giocare e divertirsi) e quindi stimolando un utilizzo condiviso, fatto insieme. Ma anche allenandosi a farne a meno, per non sviluppare “dipendenza”, offrendo alternative significative, quindi incoraggiando bambini e ragazzi a trascorrere più tempo libero con i coetanei, sperimentare la natura, lo sport e l’avventura nella realtà fisica intorno a loro, senza dover cercare tutto questo solo nei mondi virtuali.
3. Regole chiare e dialogo - Nell’ambito delle nuove tecnologie i ragazzi hanno bisogno di poche regole, ma chiare e coerenti per diventarne utilizzatori responsabili ed equilibrati. Anche imparare ad attendere il momento giusto per accedere alla tecnologia desiderata fa parte di queste regole, ed è fondamentale per crescere. Affinché le regole siano efficaci e aiutino i bambini ad allenarsi nell’autoregolazione, è necessario che siano accompagnate da un costante dialogo per spiegarle. Al contempo occorre dare ascolto ai bisogni dei bambini, e stimolare l’adozione di strategie personali per rispettarle. Un dialogo senza tabù e pregiudizi è una risorsa fondamentale per poter realmente proteggere i bambini nell’ambito del digitale, e al tempo stesso rimanere aggiornati approfittando della loro curiosità e velocità di apprendimento.
4. Adulti informati e responsabili - E’ stato chiaro da subito che in questo contesto i genitori devono avere un ruolo centrale in quanto a loro spetta la prima responsabilità nel dare ai figli regole chiare sull’età di accesso e sulle modalità di utilizzo dei dispositivi. Agli adulti spetta il compito di formarsi: conoscere i rischi e le responsabilità legali, conoscere e informarsi su app, giochi e ambienti digitali dove i nostri figli passano del tempo, conoscere le età consigliate per i diversi contenuti e applicazioni e discutere insieme a loro i possibili rischi, i diritti e i doveri che si hanno in rete. Ma soprattutto rivedere le loro stesse abitudini digitali (smartphone a tavola? per addormentarsi?) per costituire esempi credibili ai loro occhi. L’esempio personale è il primo strumento per guidare i giovani all'uso corretto e rispettoso delle nuove tecnologie.
5. Serve una comunità! - Sia l’educazione ai media che la supervisione genitoriale fase-specifica sono azioni molto più efficaci se portate avanti in modo coordinato da una comunità. In questo contesto l’impegno delle singole famiglie non è sufficiente: l’esperienza ha mostrato che solo una comunità unita (genitori, scuole, pediatri, istituzioni, oratori, scout, società sportive, cooperative sociali e altri contesti educativi e di vita comune), che fa squadra attorno alle famiglie, può sperare di avere successo nella diffusione di strategie efficaci per l’educazione all’uso delle nuove tecnologie. Quando i ragazzi ricevono messaggi incoerenti dal mondo degli adulti rimangono invece disorientati e possono approfittarne per sfruttare la situazione per un loro vantaggio di breve termine. Ad esempio, l’età alla quale - in una classe - i ragazzi cominciano ad avere in mano uno smartphone personale è una decisione delle singole famiglie ma ha importanti ricadute per tutto il gruppo. Le alleanze sono fondamentali per guidare i ragazzi, ma al tempo stesso sono faticose perché richiedono impegno, disponibilità a scendere a compromessi, ad accogliere il punto di vista degli altri adulti per trovare un terreno comune. Creare alleanze è una sfida, in particolare in questi tempi, ma se il benessere dei ragazzi viene messo al primo posto, allora è possibile ed è forse il regalo più prezioso che faremo loro.
I PUNTI NODALI DI UN PATTO SUL TERRITORIO
Per guidare insieme l’educazione digitale dei nostri figli, proponiamo di stipulare a livello locale dei “Patti di comunità per l’educazione digitale”. Un patto risponde solitamente a quattro questioni sulle quali il gruppo decide insieme. Successivamente, la sottoscrizione viene proposta a tutte le famiglie che desiderano sperimentarli insieme al gruppo proponente. I quattro punti nodali di un patto sono i seguenti:
1. DECIDERE INSIEME IL MOMENTO in cui i bambini fanno esperienza di specifiche pratiche digitali, quali contenuti sono adatti per la loro età e quali strumenti consegnare (ad es. l’età di arrivo dello smartphone personale connesso in rete, preferibilmente non prima della seconda media);
2. PARTECIPARE CON I FIGLI A MOMENTI DI EDUCAZIONE DIGITALE proporre ed organizzare incontri di approfondimento e di scambio di esperienze, anche coinvolgendo esperti con competenze diverse ovviamente partendo dalle proposte e dai bisogni che esprime ciascuno dei gruppi promotori, a livello locale.
3. REGOLARE l’UTILIZZO DEI DISPOSITIVI DIGITALI sottoscrivendo accordi con i nostri figli che - insieme a loro - ci impegneremo a rispettare e verificare periodicamente. In particolare:
1. decidere i luoghi (niente schermi a tavola, in camera da letto, nelle uscite con la famiglia)
2. decidere i tempi (momenti della giornata in cui si usano gli schermi, e un tempo massimo dopo il quale si spegne);
3. decidere i contenuti (rispettare lo standard PEGI e le indicazioni di età sia dei programmi sia dei social media);
4. PROMUOVERE UN UTILIZZO CREATIVO E CONDIVISO utilizzando le potenzialità degli strumenti digitali non solo per fruire passivamente dei contenuti, ma per crearli insieme ai nostri figli, imparando insieme e anche divertendosi.
LE MOTIVAZIONI
Cosa dice la ricerca scientifica
La ricerca ha messo in luce l’esistenza di associazioni negative tra l’uso intensivo dello smartphone e dei social media e il benessere dei preadolescenti. Le statistiche mostrano, inoltre, un progressivo abbassamento dell’età di arrivo dello smartphone, laddove già in prima media la grande maggioranza dei/lle bambini/e ha a disposizione un dispositivo personale. Studi italiani e internazionali, però, concludono che la precocità di arrivo dello smartphone si associa a minori performance scolastiche, minori competenze digitali e minore benessere nel lungo periodo[1]. Dalle ricerche emerge inoltre che i problemi di adescamenti on-line, cyberbullismo e nuove dipendenze digitali si concentrano e/o prendono avvio nella preadolescenza.
Cosa dice la legge italiana
La legge italiana indica i 14 anni come età minima per l’accesso autonomo (creazione di un account personale) alle piattaforme, ad es. quelle dei social media. I figli sono responsabili penalmente dei propri atti dai 14 anni, ma i genitori mantengono la responsabilità civile per i figli fino a 18 anni, e per questo motivo hanno il dovere di fare tutto il possibile per impedire il compimento di atti illeciti e la dimostrazione dell’assolvimento di tale obbligo è necessaria per evitare una propria responsabilità risarcitoria. Così, la giurisprudenza ha ritenuto che padre e madre sono tenuti per esempio a controllare le chat del figlio, anche se contenute nel suo smartphone personale, al fine di evitare illeciti.[2]
Cosa dicono le associazioni dei pediatri
L’organizzazione pediatrica statunitense (AAP, American Association of Pediatrics) e quella italiana (SIP, Società italiana di pediatria) hanno evidenziato i rischi per l'esposizione agli schermi precoce e per l’esposizione prolungata per bambini/e e adolescenti, individuandoli in patologie fisiologiche (cardiovascolari, posturali, visive, uditive, dietetiche-alimentari, del sonno); in patologie concernenti il ritardo dello sviluppo del linguaggio e la compromissione dello sviluppo neuro-cognitivo (attenzione e memoria) con ricadute sulle capacità di apprendimento (problemi scolastici); sono compromesse anche le capacità sociali (relazione con caregiver, relazione con pari, comportamenti aggressivi e oppositivi); infine sono lese l’autonomia (dipendenze) e l’autostima (depressione).
Su questa base vengono date anche alcune indicazioni per evitare l’uso precoce; le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Salute indicano: “zero minuti di tempo schermo” (TV, tablet, smartphone, console, etc…) al giorno nei primi 24 mesi. Tra i 24-36 mesi: “non è consigliato alcun tempo schermo, ma comunque non più di un’ora al giorno, meglio di meno”. In età prescolare l’attività sedentaria complessiva (di cui il tempo schermo ne è una parte) non deve superare un’ora al giorno, con adulti al fianco.
Sull’uso intensivo e prolungato, per bambine/i e adolescenti in età scolare, al di là dei minutaggi (non più di due ore al giorno), tutte le dichiarazioni di pediatri evidenziano l’importanza della qualità del tempo schermo in famiglia: si sconsiglia il tempo schermo durante i pranzi, prima di andare a scuola, un’ora prima di dormire. Si sconsiglia ai genitori di usare dispositivi mentre interagiscono con i figli e di lasciare che in cameretta abbiano libero accesso ai MD. Si consiglia di scegliere i contenuti evitando quelli violenti e veloci. Si consiglia di stabilire regole insieme sull’uso in famiglia salvaguardando momenti senza schermi e spegnendo gli schermi quando non si guardano.
Il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) ha incluso la dipendenza patologica da videogiochi e la dipendenza per gioco d’azzardo patologico; in ambito psichiatrico vengono ravvisate sempre più nuove dipendenze legate a internet, come la nomophobia («no-mobile phobia», cioè la paura di rimanere fuori dalla rete di telefonia mobile) o di internet addiction, dipendenza patologica da internet. Infine moltissimi disturbi comportamentali antisociali come il sexting, o fenomeni come il cyberbullismo e il sexting sono associati a un uso privo di regole dei MD.
[1] Gui, M., Gerosa, M., Vitullo, A., & Losi, L. (2021). L’età dello smartphone. Un’analisi dei predittori sociali dell’età di accesso al primo smartphone personale e delle sue possibili conseguenze nel tempo. Report del Centro di ricerca Benessere Digitale, Università di Milano-Bicocca, https://www.benesseredigitale.eu/wp-content/uploads/2021/02/Report-1_Let%C3%A0-dello-smartphone.pdf; Jaalouk, D., & Boumosleh, J. (2018). Is smartphone addiction associated with a younger age at first use in university students?. Global Journal of Health Science, 10(2), 134.; Han, S. (2022). Impact of smartphones on students: How age at first use and duration of usage affect learning and academic progress. Technology in Society, 102002.
[2] Trib. Caltanissetta, sent. dell’8.10.2019; Cass. sent. n. 19069 del 5.09.2006; Trib. Teramo, sent. del 16.01.2012; Trib. Milano sent. del 16.12.2009; Cass. civ. sez.III 28/09/09 n°18804, costituzione art. 30, art.147 c.c., Cass. civ. sez. III 19/02/2014, n° 3964). https://www.laleggepertutti.it/380116_cosa-rischiano-i-genitori-che-non-controllano-il-telefono-dei-figli