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Lettera al MIUR (1)
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Al MIUR

p.c. Dirigente e docenti

Liceo statale “De Sanctis” Salerno

Lettera aperta

Oggetto: Esami di Stato

Il Dipartimento di Storia e Filosofia del Liceo Statale “F. De Sanctis” di Salerno, con la presente intende porre all’attenzione alcuni interrogativi per una riflessione critica in merito alle recenti innovazioni riguardanti le modalità di svolgimento dell’Esame di Stato. Intende altresì offrire una proposta alternativa e pragmatica, che sia realmente funzionale ai percorsi didattici.

Premessa: osservazioni generali

La riforma della struttura dell’Esame di Stato, confermando una tendenza di lungo periodo, seppur annunciata e in qualche modo anticipata dalla legge 107, “cala dall’alto” ancora una volta, senza un reale confronto col mondo della scuola e i suoi problemi, costringendo l’apparato scolastico ad adeguarsi frettolosamente alle decisioni e prescrizioni del legislatore. Nello specifico appare evidente che la riforma degli Esami in uscita, conclusivi di un qualsiasi percorso formativo, debba essere congruente con il percorso stesso.

La perplessità più grande e ampiamente condivisa da docenti e allievi, riguarda, innanzitutto, la tempistica di divulgazione delle nuove modalità, avvenuta, come annunciato, durante l’anno scolastico.

In generale poi la riflessione attiene la formula stessa della valutazione finale, che in teoria è coerente con l’iter di studi, ma in pratica appare invece in contraddizione per alcuni aspetti con il profilo culturale, particolarmente del Liceo classico.

In altre parole, ciò che si intende in questa sede mettere in evidenza è la necessità di rivedere l’uniformità prescrittiva imposta a tutti gli indirizzi indiscriminatamente, senza tenere debitamente conto, a parer nostro, delle particolarità e delle caratteristiche, in termini di obiettivi e traguardi, dei diversi indirizzi di studio, nel rispetto dei dettami costituzionali.

Il documento, inoltre, pur affrontando alcune questioni di carattere generale per ciò che concerne le modalità di svolgimento dell’esame, si soffermerà in particolare sulla funzione delle discipline: Storia e Filosofia, di cui gli scriventi sono competenti.  Il discorso si articolerà sui seguenti punti:

  1. Formazione struttura commissioni d’esame e individuazione delle discipline coinvolte
  2. Modalità di svolgimento delle prove, in particolare del colloquio
  3. Proposta alternativa

Formazione struttura commissioni d’esame e individuazione delle discipline coinvolte:

In primo luogo si rileva che nella formazione delle commissioni d’Esame, nella ormai reiterata formula mista tre + tre, la nomina a commissario esterno sia da cinque anni preclusa ai docenti di Storia e Filosofia.

Ciò comporta una prima questione: nell’intento del legislatore quali sono i criteri di scelta delle discipline oggetto di Esame di Stato nel Liceo classico?

Fino ad alcuni anni fa, tra le discipline considerate caratterizzanti l’indirizzo c’era una naturale alternanza, che ne ratificava di fatto la presenza all’interno della commissione d’esame. Nel caso specifico di Storia e Filosofia, essendo prevista tra l’altro nella prima prova scritta la traccia di Storia, si seguiva l’iter usuale per le altre discipline oggetto di prova scritta, in una alternanza più o meno annuale. Negli ultimi cinque anni, nella scelta ministeriale delle discipline affidate a commissari “esterni”, si tiene conto della necessità di un alternanza per le discipline oggetto di prova scritta, per le discipline scientifiche (Matematica/Fisica e Scienze), mentre resta fisso il commissario esterno d’Inglese (con evidente preponderanza delle discipline oggetto di Prove Invalsi).  E Storia e Filosofia? Di fatto potrebbero anche non rientrare tra le discipline oggetto d’Esame, qualora i Consigli di classe ed il Collegio Docenti decidessero in tal senso. A rigore, infatti, non venendo scelte come discipline cosiddette “esterne”, potrebbero non comparire tra le restanti, la cui scelta resta, in base alla norma, opzionale.

La risposta al quesito già posto negli anni precedenti ha fatto leva sul concetto che discipline caratterizzanti, quali Storia e Filosofia, con un congruo monte ore annuale, è opportuno siano verificate da commissari interni che ben conoscono la classe.

La questione non è tuttavia mai stata esplicitata, dal momento che apparentemente la scelta delle altre discipline oggetto d’esame, dopo quella ministeriale resta facoltativa, con l’aggravante concettuale e pratica che la normativa vigente risulta ambigua anche per ciò che riguarda commissari, discipline oggetto di nomina, titoli accademici dei commissari (abilitazioni, Lauree ecc) e discipline oggetto d’Esame.

La norma recita, ad esempio, per il colloquio, che questo verte su tutte le discipline di studio che possono essere accertate da commissari che ne abbiano titolo.

E’ possibile dunque che in una commissione i cui docenti sono stati nominati per le discipline (scelte rispettivamente dal Ministero e dai Consigli di classe,) ci siano commissari che per titoli personali possano interrogare anche in una disciplina non scelta. E’ altrettanto vero che in un medesimo Istituto possano esserci sia commissioni in cui tali titoli aggiuntivi compaiono e, di conseguenza Presidenti che nell’indubbio rispetto della norma operano la scelta suddetta, sia commissioni in cui non sono presenti docenti con titoli affini e Presidenti che, altrettanto legittimamente, operano scelte diverse.

Se poi aggiungiamo a ciò, il fatto che nel Liceo classico alcune classi di concorso includono due discipline, come nel caso di Filosofia e Storia, Matematica e Fisica, Latino e Greco, Italiano e Latino, appare evidente che in alcuni casi l’Esame verte di fatto su programmi di più discipline piuttosto che in altri in cui la scelta ricada su discipline come Scienze, Storia dell’Arte e/o Scienze motorie. La questione non è dunque chiara e soprattutto non garantisce un’omogeneità di trattamento, bensì una sperequazione su più livelli.

Quest’anno, poi con la verifica, durante il colloquio, delle competenze di Cittadinanza e Costituzione, sorge un’altra questione: chi si occuperà di predisporre i quesiti,  tenuto conto che esse nelle linee generali sono trasversali a tutte le  discipline (le Indicazioni nazionali del 2012, richiamano con decisione all’ “… l’aspetto trasversale dell’insegnamento, che coinvolge i comportamenti quotidiani delle persone in ogni ambito della vita, nelle relazioni con gli altri e con l’ambiente e pertanto impegna tutti i docenti a perseguirlo nell’ambito delle proprie ordinarie attività). Nelle nuove Indicazioni viene ribadito che gli aspetti di conoscenza della Costituzione, delle forme di organizzazione politica e amministrativa, delle organizzazioni sociali ed economiche, dei diritti e dei doveri dei cittadini, “possono essere certamente affidati al docente di storia e comprese nel settore di curricolo che riguarda tale disciplina. Sembra evidente, dunque, anche se non esplicitato nel testo della riforma, che la verifica durante l’Esame sia di competenza del docente di Storia (al Liceo classico Storia e Filosofia, che con una unica nomina dovrà verificare ben tre discipline) rendendone indispensabile la presenza in Commissione.  Ma laddove il docente di Storia non sia nominato come commissario esterno o interno, chi proporrà i quesiti sui contenuti/argomenti? Docenti che hanno titoli affini? Tutti i docenti in nome della trasversalità delle competenze? E con quali modalità e/o omogeneità tra le commissioni e gli Istituti scolastici?

Quanto esposto, in generale, trova il suo fondamento nella formazione stessa della commissione mista. Tale formula, col passare del tempo, ha rivelato sempre più le sue notevoli incongruenze. Tra i docenti, inoltre crea una indiscutibile disuguaglianza di natura economica e professionale. Rispetto ai Presidenti di commissione, i docenti interni ed esterni, che sono quelli che più si espongono e lavorano sul piano didattico sia formativo che valutativo, ottengono un compenso notevolmente inferiore a parità di responsabilità. Infine, sul piano operativo chiunque abbia esperienza in merito, constata il rischio che tale formula producendo un controllo reciproco tra pari, crei i presupposti di una competizione istituzionalizzata, piuttosto che un proficuo confronto

Quanto sin qui detto comporta ancora, in particolare per i docenti di Storia e Filosofia al Liceo classico (da cinque anni a questa parte), una serie di conseguenze sul piano sia professionale che didattico.

  1. Sul piano professionale, è di fatto negata la possibilità di fare domanda come commissario esterno o Presidente e/o di poter essere nominati vicepresidente all’interno della commissione, con evidente disparità di trattamento economico reiterata nel tempo. Il fatto poi che nel profilo culturale e nei traguardi in uscita del Liceo classico (che prevedono un taglio storico-filosofico, particolarmente funzionale all’interdisciplinarietà) Storia e Filosofia siano discipline che nel curriculo hanno un peso maggiore sul monte ore, crea la condizione per i docenti, che ovviamente non possono non essere presenti nel momento conclusivo del percorso didattico, di un impegno morale e professionale che, nell’attuale situazione risulta indubbiamente gravoso se continuativo e privo di qualunque forma di riconoscimento.

  1.  Allo stato attuale, in cui permane la scelta della commissione mista, di cui si sono individuate le incongruenze, certamente potrebbe essere una buona “ratio” dal punto di vista didattico quella che i docenti di Storia e Filosofia, siano sempre commissari interni in funzione del monte ore maggiore e quindi della più qualificata conoscenza della classe, nella direzione ideale di dare importanza alla continuità nel rapporto con gli allievi; tuttavia anche in questo caso si renderebbe  indispensabile una disambiguazione.

Appare chiaro infatti che tali motivazioni impongono di uscire dalla precedente logica che prevedeva l’alternanza tra le discipline ed adottare in modo inequivocabile un’altra regolamentazione in base alla quale ogni anno Storia e Filosofia dovrebbero essere indicate dal Ministero come discipline obbligatorie d’Esame al Liceo classico. A tal punto apparrebbe evidente la scelta di affidarle ad un commissario sempre interno, che svolgerebbe così anche un compito di tutor, simile a quello del “membro interno” in passato, lasciando invariato il peso didattico delle discipline e, grazie all’esplicitazione della funzione, conferendo ai docenti un adeguato riconoscimento sia in termini decisionali all’interno della Commissione d’Esame che in termini di trattamento economico.

Modalità di svolgimento delle prove, in particolare del colloquio

La nuova normativa, se da un lato elimina dalle prove d’esame la “famigerata” terza prova che, tale è risultata negli anni, per la sua natura nozionistica e arbitraria, vede riproporre in una formula orale la stessa concezione di valutazione, che allunga tempi e lavoro non garantendo, in realtà, alcuna obiettività, anzi creando una sperequazione tra gli alunni.

E’ evidente, infatti, che, qualora non sia prevista, come sembrerebbe, la possibilità di replicare gli stessi argomenti di partenza, i candidati inziali risulteranno di fatto svantaggiati, in quanto dovranno sorteggiare tra un ventaglio più ampio rispetto agli ultimi candidati, i quali avranno nel frattempo depennato dai programmi svolti le tematiche già trattate. Epistemologicamente, inoltre, la natura dialogica e argomentativa propedeutica ad un linguaggio interdisciplinare è assente da tale impostazione.

Si ritiene, pertanto, che l’attuale struttura del colloquio sia inappropriata come proposta conclusiva di un percorso di formazione classica, imperniata sulla riflessione critica e propositiva degli alunni. In tal senso, crediamo che la formula del “sorteggio delle buste” riduca a livello nozionistico e occasionale sia lo svolgimento del colloquio, sia la sua valutazione e che la formula del percorso indicato dal candidato resti la modalità iniziale più efficace di conduzione.

Dal punto di vista professionale, inoltre, rivela ancora una volta una sfiducia di fondo nei confronti dei docenti che non sarebbero capaci di condurre un colloquio con gli allievi in maniera proficua ed equilibrata, senza dover predisporre gli argomenti in buste chiuse come in uno storico quiz televisivo.

Il punteggio, destinato alla prova orale, infine ha assunto nella formula prescritta dal Ministero, una percentuale così esigua rispetto al totale che indubbiamente risulta sproporzionata. Non sono da sottovalutare i tempi di preparazione, notevolmente impegnativi per una commissione che è chiamata a proporre testi e spunti argomentativi, realmente equi e non nozionistici per ogni candidato e per tutte le discipline.

Sarebbe sicuramente più sensato, dunque, che il candidato svolgesse un sereno colloquio, mettendo in evidenza le sue capacità e competenze di conduzione e gestione di un percorso argomentativo, piuttosto che l’attuale prova di indubbia difficoltà e aleatorietà, non prevista nemmeno dalla normativa dei più impegnativi concorsi pubblici.

In merito alle due prove scritte, infine, sorvolando sulla discutibile eliminazione nella prova di Italiano del tradizionale tema di Storia (che negli studi classici attesta competenze rilevanti), si nota che per ciò che concerne la valutazione, il Ministero ha fornito alle scuole griglie comuni in cui risultano definiti solo gli indicatori, lasciando alla discrezionalità dei docenti dei singoli Istituti e commissioni la declinazione dei descrittori. Tale modalità non garantisce ancora una volta una reale omogeneità, in quanto, come dovrebbe essere noto, sono proprio i descrittori a dettagliare nei contenuti i livelli di competenza conseguiti rispetto agli indicatori forniti.

Proposta alternativa

In base a quanto esposto, si propone nel breve termine:

  1. Laddove fosse possibile: non applicare la formula d’esame prescritta alle quinte in uscita quest’anno.
  2. Eliminare la modalità delle buste da sorteggiare per la conduzione dell’orale.
  3. Affidare, all’interno dell’attuale composizione delle commissioni, al docente col maggior numero di ore, una funzione di tutor, riconosciuta in termini di nomina.

Nel lungo termine:

Rivedere l’idea stessa dell’Esame di Stato, nell’ottica di una conclusione del percorso di Studi congruente all’indirizzo. A tal fine si propone che la valutazione finale sia effettuata da commissari esclusivamente interni di tutte le discipline del Consiglio di Classe, che ha svolto l’attività didattica e valutativa, attraverso le prove scritte e un colloquio con tematiche proposte dialogicamente, a partire dalle argomentazioni degli allievi. Ovviamente rimane la necessità di un unico Presidente che sia garante giuridico della validità dello svolgimento dell’Esame in quanto atto conclusivo della Scuola Pubblica.

Salerno, 02/02/2019

                                                                                       Il Dipartimento di Storia e Filosofia

                                                                                       Liceo Statale “F. De Sanctis” Salerno