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Tecnologie della parola
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3.3. Tecnologie della parola

La peculiarità delle immagini è, quindi, quella di sottoporre chi le guarda a una molteplicità di stimoli che si presentano contemporaneamente e non secondo un ordine di successione: infatti, i nessi logici fra questi stimoli visivi non sono organizzati gerarchicamente, è compito di chi le guarda stabilire un ordine che spesso non è affatto rigido, ma è altresì basato su un gioco di echi e di rimandi. Si pensi, ad esempio, alle immagini televisive, dove questo aspetto non gerarchico e non lineare delle immagini è maggiormente evidente: la nostra ipotesi è che le tendenze osservate nel capitolo precedente per quanto concerne l’italiano sia sul piano sintagmatico che su quello paradigmatico siano da attribuirsi all’influenza reciproca fra il linguaggio, con relativa intelligenza sequenziale, e le immagini, il cui aspetto peculiare è invece la multisequenzialità e la non gerarchizzazione: questo spiegherebbe la tendenza attuale che vuole un prevalere nei testi dell’ipotassi di aggiunta basata, appunto, su rimandi e continui riferimenti al cotesto, piuttosto che concatenazioni fra le proposizioni del testo. Questa convinzione è basata sulla non completa eterogeneità fra la cognitività legata alle immagini e la cognitività legata alle parole, sottolineata da Lo Piparo in una nota a margine del già citato libro di Raffaele Simone26: linguaggio e immagini implicano quindi due processi di conoscenza che non si escludono a vicenda ma sono caratterizzati da un rapporto di interdipendenza reso ancora più complesso dalle nuove tecnologie:

La storia dei rapporti fra parole, immagini e gesti bisogna quindi pensarla come una storia di coordinamenti e di cooperazioni piuttosto che di conflitti, cooperazioni e sostituzioni […] Le nuove tecnologie della comunicazione […] riproducono, in una versione più complessa, un co-ordine sensoriale che esiste da quando l’uomo è comparso sulla terra (Lo Piparo in Sistemi Intelligenti, 2000, pp. 495-500)

L’intelligenza sequenziale e quella simultanea evolvono quindi di pari passo: il loro rapporto si complica con le nuove tecnologie proprio perché, grazie a queste ultime, gli aspetti simultanei e multisequenziali vengono portati alle estreme conseguenze. Per comprendere il ruolo delle immagini nella conoscenza e come esse possano ristrutturare i nostri processi conoscitivi e cognitivi bisogna poi considerare altri aspetti: alcuni studi sul ragionamento umano e la comprensione inferenziale dimostrano come il ragionamento umano si basi su schemi che sono diversi da quelli della logica formale e abbia solo alcuni aspetti in comune con la deduzione naturale. Se il ragionamento ordinario ha ben poco a che fare con la deduzione delle regole logiche, ciò è dovuto al fatto che alla sua costruzione non solo partecipano elementi fondamentali quali il contesto e il contenuto tematico, quanto il fatto che esso debba rispondere a un principio di economia del lavoro cognitivo: nel costruire modelli per la risoluzione di un problema deve essere compiuto il minimo sforzo possibile. Nell’economia del lavoro cognitivo un ruolo importantissimo verrebbe giocato dalle immagini mentali di tipo visivo, le quali si formano in maniera automatica e continua, attraverso canali sensoriali di tipo visivo (quindi, anche attraverso le immagini cui quotidianamente siamo esposti e a cui questo lavoro fa riferimento), uditivo, tattile, olfattivo, gustativo e, di pari passo con le capacità linguistiche, possono influenzare il comportamento e le decisioni degli individui nei particolari contesti.

Le immagini mentali devono questo ruolo specifico a una loro specifica caratteristica analizzata da Ron Finke: la reinterpretabilità. Quest’ultima è legata a una comunanza fra le caratteristiche delle immagini mentali stesse e le proprietà dello stimolo percettivo: grazie a questo loro carattere specifico e, quindi, alla possibilità di attribuire nuovo contenuto alle immagini mentali, esse si rivelano importantissime non solo nel problem solving, ma anche nel determinare un aumento di informazione nei processi di acquisizione della conoscenza e nella creatività27. La peculiare natura delle immagini le rende particolarmente funzionali ai processi di tipo intuitivo e, più in generale, per tutti quei processi di pensiero che fanno capo alla scoperta e all’ intuizione. Da un’immagine, proprio perché è in grado di suggerire interazioni e associazioni che non sarebbe possibile ricostruire con l’ausilio del solo linguaggio verbale, possono emergere caratteristiche nuove, spesso inaspettate, non presenti nell’informazione usata dal soggetto per produrre quella data immagine: ecco perché le immagini sono creative e “aiutano” il ragionamento. Da questo punto di vista, le immagini mentali, e in particolar modo quelle di tipo visivo, avrebbero un ruolo specifico nei processi cognitivi grazie alla loro natura simbolica.28 Tore Helstrup e Geir Kaufmann (Ferretti 1998) hanno parlato delle immagini come “ibridi simbolici”, la cui natura è definita dall’essere concetti mentali aventi sia proprietà simboliche che percettive e, quindi, di configurarsi come elementi a metà strada fra i simboli puri e le pure esperienze percettive. A ciò bisogna aggiungere che le peculiarità strutturali delle immagini, il cui tratto caratteristico è dato dalla convivenza fra gli aspetti sensibili e percettivi con altri di diversa natura, fanno di esse dei simboli multistratificati, complessi, in grado di veicolare diversi tipi di informazione allo stesso tempo, sia di tipo percettivo che di tipo sensibile, che di tipo concettuale. Ma c’è di più: è proprio grazie al compenetrarsi fra la natura percettiva e quella concettuale delle immagini a fare sì che esse rappresentino allo stesso tempo un “ricevere” e un “fare” (inteso come processo di rielaborazione e reinterpretazione) da parte del soggetto e a determinare l’importanza delle immagini stesse per le capacità linguistiche dell’uomo.

Ne emerge un quadro in cui linguaggio e immagini hanno una storia strettamente connessa, ecco perché riteniamo che l’attuale preponderanza espressiva affidata al codice figurativo, non solo finisca per inglobare gli aspetti più strettamente linguistici, ricombinandoli e ridefinendone il potere essenziale ma, proprio per esaltarne gli aspetti più creativi, ne modifichi quegli aspetti sintattici su cui ci siamo soffermati nel corso di questo lavoro.

Inoltre, c’è un altro aspetto da mettere in rilievo: struttura ipotattica articolata va di pari passo con l’articolatezza e la complessità dei concetti che si trova ad esprimere. Una struttura ipotattica frammentata come quella che abbiamo riscontrato nei testi analizzati, lungi dal rispecchiare una pochezza concettuale, sarebbe altresì secondo noi specchio di una complessità di idee che va di pari passo con la complessità delle epoche e dei mezzi comunicativi che le caratterizzano: una sintassi frammentata che procede per giustapposizioni avrebbe quindi l’effetto di liberare molti nuclei semantici, dando adito ad aggregazioni e combinatorie di significato molteplici. Ciò implica un compito, un onere, un impegno specifico da parte del lettore: non aspettarsi un’informazione lineare, chiara, ma seguire il procedere lento del discorso nella costruzione dei concetti completi, posto che da ciascuno dei loro nodi possano aprirsi strade diverse, e diramarsi diversi fili del ragionamento.

Un esempio di ciò può essere la scrittura di Ilvo Diamanti: Francesco Sabatini, analizzandone alcuni articoli di giornale, nota come lo “spezzettare i periodi” caratteristico della sua prosa risponda ad una scelta stilistica ben precisa, mirata a tratteggiare di giorno in giorno la complessità della vita politica sociale e politica, a segnalare quanto sia frastagliato sia il panorama dei fatti e delle idee:

I partiti vanno cambiati. Sostanzialmente. Sostituiti, perfino. Meglio investire sulle Fondazioni. Meglio ancora: su quella che egli, dopo aver abdicato dalla carica di premier, dirige. Italianieuropei. Presieduta, prima, da chi lo ha sostituito al governo. Amato. Uno scambio di ruoli. Quasi una metafora. Per i dire che i leader non li formano più i partiti. Ma i club. Le fondazioni. Think tank che associano pensatori e attori sociali (Sabatini, 2004, p. 64).